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Verso Horizon Europe: siamo pronti?

di Alessandro Damiani, Presidente APRE

Manca meno di un anno al lancio di Horizon Europe, il nuovo Programma Quadro dell’Unione Europea per la Ricerca e l’Innovazione, per il quale la Commissione ha proposto un budget di 100 Miliardi di Euro per il periodo 2021- 2027. Il negoziato in corso tra Commissione, Parlamento e Paesi Membri deve ancora completare il puzzle: la dotazione finanziaria, la sua articolazione, le priorità delle “missions”, i rapporti con i paesi terzi, sono i principali tasselli mancanti. Ma gli obiettivi, la struttura, i contenuti scientifici e tecnologici e le modalità di implementazione sono ormai in larga misura definiti. Entro poche settimane prenderà forma il “Piano Strategico” con i principali indirizzi per i primi quattro anni; poi, entro l’estate saranno messi a punto i “Programmi di Lavoro” con i dettagli su priorità, risorse e modalità di realizzazione per il biennio 2021-2022; e si prevede che in autunno verranno annunciati i primi bandi di gara.

C’è ancora un po’ di tempo, quindi, ma non molto, per prepararsi a fare in modo che la partecipazione italiana al nuovo programma sia un successo all’altezza delle ambizioni del paese e delle aspettative della sua comunità di R&I. Per contribuire a questo obiettivo l’APRE ha formulato un piano straordinario di attività per il 2020, che tiene conto da un lato delle novità di Horizon Europe e dall’altro delle lezioni che si possono ricavare dall’esperienza e dall’analisi della partecipazione italiana al PQ in corso.

Come affrontare le novità di Horizon Europe

I responsabili della Commissione amano ripetere che il nuovo programma rappresenta “un’evoluzione e non una rivoluzione” rispetto al passato. E indubbiamente sono molti gli elementi di continuità, dal perimetro tematico alle regole di partecipazione. Cionondimeno sarà necessario tener conto in modo particolare degli aspetti di novità e attrezzarsi ad affrontare le sfide che alcuni di essi pongono al nostro sistema di R&I.

In primo piano c’è senza dubbio lo European Innovation Council, dedicato principalmente all’innovazione “dirompente” volta alla creazione di prodotti, processi e modelli di business capaci di generare nuovi mercati; concepito come un mix di grant e di misure di ingegneria finanziaria, eminentemente in funzione delle esigenze delle start-up e delle PMI radicalmente innovative e delle loro prospettive di crescita. Come provano i primi magri risultati dell’azione pilota in corso, l’EIC costituirà una sfida maggiore per il nostro sistema paese, caratterizzato da un gran numero di piccole e medie imprese cosiddette “tradizionali” o focalizzate su processi di innovazione di tipo incrementale. Ma potrà anche rappresentare una nuova significativa opportunità per il numero crescente di aziende fortemente innovative affamate di risorse che le aiutino a svilupparsi e ad affermarsi sul mercato, purché siano pronte ad affrontare una competizione che si preannuncia quanto mai agguerrita.

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